Abstract
Introduzione: Sono assai discutibili e rischiano di essere scientificamente poco produttivi quegli approcci che pretendono di ricondurre le proprietà strutturali di un attore alla «definizione» che di sé offre l'attore stesso. Se si ritenesse possibile, per esempio, dedurre in toto caratteristiche e funzionamento di un regime politico da ciò che dice la sua costituzione scritta oppure dai discorsi pubblici del capo dello Stato o del primo ministro non occorrerebbe scomodare la scienza politica: il diritto costituzionale è la storia del pensiero politico offrirebbero da soli tutti i necessari strumenti di comprensione. È il permanente scarto fra la definizione che di se stessi e delle proprie finalità danno i diversi soggetti politici e le loro caratteristiche organizzative e finalità effettive a giustificare e a rendere proficua l'indagine politologica. Lo studio delle organizzazioni dei partiti politici non può sottrarsi a questa regola: spiegare la fisionomia organizzativa di un partito utilizzando come principale, o addirittura esclusiva, variabile indipendente l'ideologia professata significa precisamente partire dalla «auto-definizione» dell'attore, da ciò che il partito (e cioè la sua élite dirigente) dice di essere e di volere. Ma la teoria organizzativa dei partiti politici, da Michels e da Ostrogorski in poi da una parte e la sociologia delle organizzazioni complesse dall'altra, ci hanno insegnato a diffidare di questa prospettiva e delle sue molte varianti.

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